Mi capita sempre più spesso di capire che la fotografia, oltre ad essere un' arte dove ognuno cerca di esprimere il proprio "IO", è una materia ricca di argomenti e fenomeni fisici di difficile comprensione, che non tutti si soffermano ad affrontare, preferendo l'espressione artistica ottenuta a prescindere, piuttosto che la comprensione tecnica per ottenere poi tale espressione.
Un esempio su tutti è rappresentato da un fondamento base della fotografia, che spesso è sottovalutato, confuso, scambiato in terminologia, insomma poco conosciuto, ma sempre presente nei nostri vocaboli giornalieri e spesso usato come parametro di confronto.
Il diaframma
Sarà bene comprendere prima l'oggetto rappresentato da questo termine (analizzandolo solo in campo ottico) e poi l'uso che se ne fa in fotografia.
Un diaframma è generalmente un elemento di separazione tra due ambienti, che può presentare un'apertura di comunicazione di dimensione variabile o comunque regolabile.
La variazione della dimensione di questa apertura permette di cambiare il flusso della grandezza che lo attraversa. Pensiamo ad esempio ad una valvola a diaframma che deve regolare il flusso d'acqua di una conduttura. Oppure, per avvicinarci concettualmente al nostro campo, immaginiamo la variazione di apertura dell'iride dei nostri occhi: essa è costituita da alcuni strati di fibre muscolari che circondano la pupilla, che ne permettono la dilatazione o la contrazione.
Nel nostro caso quindi il diaframma, aumentando o diminuendo la propria apertura, regola il flusso di luce che lo attraversa.
In fisica il flusso di una data grandezza fisica è usato in presenza di fenomeni di trasporto e rappresenta la quantità della grandezza che attraversa una data superficie, (il diaframma appunto), nell'unità di tempo.
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Iride occhio; |
Valvola a diaframma; |
In fotografia ed in ottica, il diaframma è costituito da una serie di lamelle mobili che, a diverse posizioni, definiscono la sua apertura. In base alla forma e al numero di lamelle si avrà un'apertura poligonale, tendente teoricamente ad essere circolare. Il diaframma fa parte ed è incorporato nel barilotto dell'obiettivo ed è parte integrante dello schema ottico di quell'obiettivo. Esso, come già detto, ha il compito di controllare la quantità di luce che raggiunge la pellicola (in una macchina fotografica convenzionale) o i sensori (in una macchina fotografica digitale) nel tempo in cui l'otturatore resta aperto (tempo di esposizione).
Ed allora visto che non tutti lo conosciamo, vediamo come è fatto e come si presenta dopo aver eliminato i gruppi ottici dell'obiettivo.
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Vista frontale di un diaframma; |
Vista posteriore di un diaframma; |
Quella che noi andiamo ad impostare, per determinare una data esposizione, è la apertura del diaframma.
A piena apertura il diaframma lascia passare, in un dato tempo, quanta più luce possibile verso il supporto sensibile; diminuendo tale apertura si riduce questa quantità di luce. Nelle foto seguenti vi mostro la vista posteriore del gruppo diaframma, dove è ben visibile la meccanica, con l'asta di regolazione dell'apertura e la molla di resistenza e di ritorno. Nella foto di destra sono invece visibili le lamelle che formano il diaframma e le guide di scorrimento nelle quali si muovono.
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Asta e molla di regolazione; |
Guide di scorrimento delle lamelle; |
Nelle macchine fotografiche, il diaframma può essere regolato su diverse aperture, distribuite regolarmente su una scala di intervalli detti numeri f (f/numero) o aperture diaframmali.
La sequenza dei valori è una progressione geometrica di ragione ( √2 o approssimato 1,4) standardizzata al congresso di Liegi nel 1905. Il fatto che sia una legge quadratica deriva dal fatto che la quantità di luce che attraversa il diaframma dipende dall'area della sua apertura e non dal raggio. Rapresentando quindi idealmente l'apertura circolare possiamo stabilire la sua area (area del cerchio r^2*
π) come proporzionale al quadrato del suo raggio.
Tale progressione comprende i seguenti valori:
f/1 |
f/1,4 |
f/2 |
f/2,8 |
f/4 |
f/5,6 |
f/8 |
f/11 |
f/16 |
f/22 |
f/32 |
f/45 |
f/64 |
L'intervallo tra i diversi valori del diaframma viene comunemente indicato in gergo "stop".
I numeri f sono calcolati e ordinati in modo tale che diaframmando (cioè chiudendo il diaframma di un'intera divisione o di 1 stop) si dimezza la quantità di luce che entra a impressionare la pellicola o i sensori; chiudendolo di 2 stop si diminuisce la luce a 1/4, chiudendolo di 3 divisioni a 1/8 e così via. Chiudendo di n stop si diminuisce la quantità di luce di 2^n e viceversa.
I numeri f/n esprimono il rapporto focale, cioè il rapporto tra la lunghezza focale dell'obiettivo e il diametro dell'apertura del diaframma. Pertanto a valori più bassi di f/n corrispondono aperture di diaframma più ampie.
Ad esempio, con un obiettivo di 50 mm, un'apertura del diaframma di 25 mm corrisponde a f/2 mentre un'apertura di 3,125 mm a f/16.
In questo senso f/n è chiamato anche "apertura relativa", nel senso che il valore f/n dell'apertura è normalizzato rispetto alla lunghezza focale, ed esprime l'intensità di luce lasciata passare dal diaframma, utile ai fini del calcolo dell'esposizione.
Infatti la stessa apertura relativa (per esempio f/4) corrisponde a due aperture assolute diverse in un obiettivo di lunghezza focale 50mm (apertura assoluta a f/4 = 50/4=12,5 mm) e in un teleobiettivo 300mm (apertura assoluta a f/4 = 300/4=75 mm); però corrisponde alla stessa intensità di luce che l'obiettivo lascia passare verso la pellicola o il sensore. Questo è un concetto che non sempre è compreso da fotografi e fotoamatori.
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Apertura del diaframma; |
Apertura del diaframma; |
Alcune interazioni del diaframma con la foto finale
Diaframmi più chiusi, rispetto ad altri, (ad esempio f/8 rispetto ad f/2.8) hanno l'effetto di ridurre gli effetti di aberrazione ottica (dipende comunque sempre dalla qualità dell'obiettivo e dalle correzioni ottiche studiate per esso in fase di progettazione). Le aberrazioni ottiche possono essere di due tipi: cromatica e geometrica;
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la prima si verifica in zone di alto contrasto (rami e foglie contro il cielo terso, profilo di una montagna, riflessi su superfici lucide ecc) quando si ha un difetto dato dalla differente rifrazione subita dai raggi colorati che compongono la luce, che si mostra con frange colorate (generalmnete viola o verdi);
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la seconda può presentarsi come difetti di astigmatismo, di coma, curvatura di campo, distorsione, o aberrazione sferica: tutti difetti geometrici che deformano l'immagine ripresa e proiettata sul piano focale.
Diaframmi molto chiusi, di contro, determinano un peggioramento dell'immagine, dovuto alla diffrazione dei raggi per opera dei bordi del diaframma. Anche se sempre presenti, il loro effetto sulla qualità dell'immagine diventa rilevante solo con diaframma molto chiuso, poiché non è più trascurabile il rapporto tra le quantità di luce diffratta e non diffratta.
Tale effetto non dipende dalla dimensione fisica del diaframma all'apertura prescelta, ma esclusivamente dal rapporto focale. Generalmente oltre f/22.